In memoria dei medici che hanno dato la vita per i propri pazienti nella battaglia contro l'epidemia di Covid-19

Nota a sentenza: Per agire in regresso nei confronti del medico, la struttura sanitaria deve provarne l’esclusiva responsabilità

Pubblichiamo il commento dell’Avv. Teresa Varvarà all’ordinanza della Cassazione civile, sez. VI, n. 24167 del 2019 in tema di Responsabilità solidale tra struttura sanitaria e medico e azione di regresso o manleva.

In ipotesi di responsabilità medica, la struttura sanitaria presso cui è stato praticato l’intervento chirurgico è responsabile, in solido, col medico che lo ha materialmente eseguito. Invero, con l’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco, a farsi carico degli oneri risarcitori nei confronti dei pazienti che reputano avere subito un danno, è la struttura sanitaria. Nell’ipotesi in cui quest’ultima venga condannata a corrispondere un risarcimento e intenda agire in regresso verso il medico, ha a sua disposizione strumenti giuridici (“azione di regresso” e/o l’azione di “manleva”), grazie ai quali, provando l’esclusiva responsabilità del sanitario nella causazione dell’evento, potrà recuperare da quest’ultimo quanto ha esborsato.

Questo è ciò che ha deciso la Corte di Cassazione, sezione VI civile, con l’ordinanza 27 settembre 2019, n. 24167 chiarendo la ripartizione dell’onere probatorio tra struttura e sanitario in ipotesi di condanna al risarcimento del danno a favore di un paziente.

 

I fatti

Con atto di citazione regolarmente notificato, una paziente conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Forlì, la struttura sanitaria privata presso la quale era stata sottoposta ad intervento di protesi all’anca per sentirla condannare al risarcimento del danno per esito infausto dell’operazione. Ritenendo che l’esclusivo responsabile dell’evento lesivo fosse il medico, la casa di cura lo chiamava in causa per agire in manleva e regresso nei suoi confronti.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda attorea, dichiarava la responsabilità solidale del medico e della struttura e li condannava al pagamento di € 122.000,00, omettendo di pronunciarsi sulla richiesta di rivalsa da parte dell’ente ospedaliero.

Contro la sentenza di primo grado ricorreva in appello la struttura sanitaria affinché, riconosciuta la piena ed esclusiva responsabilità del chirurgo nella causazione del danno, fosse condannato alla refusione delle spese anticipate dalla casa di cura alla paziente.

La Corte d’Appello, sulla scorta dell’art. 1228 del Cod. Civ. in virtù del quale il debitore (la casa di cura) risponde dei fatti dolosi e colposi dell’opera dei terzi soggetti di cui si avvale, le riconosceva il diritto di agire in regresso nei confronti del medico qualora avesse dimostrato la sua responsabilità esclusiva.

Avendo assolto la clinica a tale onere probatorio già in primo grado, il medico veniva condannato al risarcimento in favore della struttura sanitario di un importo pari ad € 73.400.

Avverso tale pronuncia le eredi del chirurgo, deceduto nel frattempo, proponevano ricorso per Cassazione, avendo (a loro dire) la Corte d’appello, violato – tra l’altro – la regola sulla ripartizione degli oneri probatori avendo posto in capo al chirurgo l’onere di provare in cosa consisteva la responsabilità della clinica.

La pronuncia della Corte

La Suprema Corte ha accolto il motivo perché fondato, cassato la sentenza impugnata e rinviato nuovamente la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione per il riesame dei fatti. Infatti, qualora la struttura sanitaria, correttamente citata in giudizio dalla paziente sottopostasi ad intervento chirurgico al suo interno, sostenga che l’esclusiva responsabilità dell’accaduto sia imputabile alla esclusiva imperizia del chirurgo che ha eseguito l’operazione, nell’esercitare azione di manleva e regresso nei confronti del chirurgo, deve provare la sua esclusiva responsabilità.  Al contrario, invece, non rientra nell’onere probatorio del chiamato (medico) l’onere di individuare precise cause di responsabilità della clinica in virtù delle quali l’azione di regresso non possa essere, in tutto o in parte, accolta.

In sintesi

Qualora un paziente, ritenendo di avere subito un pregiudizio, voglia agire per il ristoro del danno presumibilmente patito, secondo la Legge “Gelli-Bianco”, deve farlo sia in danno della struttura presso cui ha praticato l’intervento, sia contro il sanitario che materialmente ha eseguito l’operazione in quanto responsabili in solido. Mentre, però, il sanitario risponde ex art. 2043 c.c. solo a titolo di responsabilità aquiliana (a meno che costui abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente), la struttura ne risponde sia a titolo di responsabilità contrattuale diretta (art. 1218 c.c.) che indiretta (art. 1228 c.c.) essendo responsabile anche per le condotte dolose o colpose degli ausiliari anche se questi ultimi non siano dipendenti della struttura, ma scelti direttamente dal paziente, siano in regime di libera professione intramuraria, di convenzione con il SSN o telemedicina, svolgano attività di sperimentazione e ricerca clinica.

Quindi la struttura e medico sono solidalmente obbligati verso il paziente e, per questo motivo, se la clinica ha risarcito il danneggiato, ha titolo per agire in regresso verso l’altro coobbligato, ossia il medico.

ATTENZIONE: La struttura sanitaria potrà esperire AZIONE DI REGRESSO verso il medico solo in caso di DOLO O COLPA GRAVE (art. 9, legge 24/2017); MAI in caso di COLPA LIEVE.

Scopri gli altri commenti a sentenze in ambito medico dell’avv. Varvarà.

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